Presentare un manoscritto non è semplice come in molti credono. Anzi. Bisogna sapere bene quello che si fa, a rischio di vedersi cestinare l’opera ancor prima che questa venga letta. Oggi per convenzione si continua a chiamare “manoscritto” quello che è invece un dattiloscritto in formato elettronico, composto per esempio con un programma di viedoscrittura, per esempio Word, o trasformato in PDF. Perciò proponiamo un decalogo delle cose da fare e da non fare per non vedersi cestinata l’opera prima ancora che sia letta oltre la prima pagina.

  1. Assicurarsi che il programma sia leggibile da tutti i dispositivi (per esempio Pages, che si trova nei Mac di recente generazione, non viene aperto dalla maggioranza dei computer. Andrà quindi perlomeno esportato in Word o in PDF.
  2. Usare una formattazione leggibile. I margini non devono essere troppo stretti, perché nel caso in cui il documento venga stampato si dovrà intervenire con note e correzioni a mano, perciò serve spazio. Fare attenzione all’interlinea. Mai usare l’uno, dove le righe sono troppo vicine e non consentono interventi. E nemmeno un interlinea larghissimo, perché nella stampata si sprecherà un mucchio di carta. State attenti al rientro in ogni nuovo paragrafo. Mettete sempre i numeri di pagina.
  3. Usare un carattere a cui chi legge abitualmente è famigliare. Per esempio Times, o Palatino, o Georgia. Qualcosa che assomigli insomma a quello che troviamo di solito in un libro stampato. Non caratteri sottili o arzigogolati, o insoliti. Non vi distinguerete per questo, se non in negativo. La grandezza del carattere dovrà essere tra gli 11 e i 12 punti. Un lettore professionale non è un ipovedente, né un falco. E poi c’è sempre la questione della stampa.
  4. Stare attenti ai refusi. Un testo pieno di errori di battitura appare sciatto. È come presentarsi a un colloquio di lavoro con un vestito macchiato o stropicciato: non fa una bella impressione.
  5. Diamo per scontato che la sintassi sia in ordine. Quanto alla grammatica, se si ha qualche dubbio bisogna sempre controllare. Ma ci sono elementari norme di ortografia a cui non si deve mai trasgredire. Si scrive po’, non po o pò. Sul sì affermativo va l’accento. Su “di” e su “da” l’accento non va, a meno che non sia la la terza forma personale del presente indicativo di “dare”, allora ci va. “Perché” ha l’accento acuto, non grave. E così via. Nel dubbio, consultare una grammatica. Idem per la punteggiatura.
  6. Allegare sempre alla propria opera una sinossi di una quindicina di righe. Mai più di una cartella (una cartella sono 2.000 battute, spazi compresi). Un romanzo che non può essere riassunto in una cartella di solito ha qualche problema. Raccontate la trama, non perdetevi in spiegazioni interminabili. L’interpretazione del testo è a carico dei lettori e dei critici letterari.
  7. È bene accetta anche una breve biografia dell’autore. Tre-quattro righe. Non raccontate tutta la vostra vita fin dal momento del parto, né sottoponete un curriculum che non contenga elementi essenziali.
  8. Allegare sempre nome, cognome, e almeno un recapito. Non rendersi difficile da raggiungere. Nessuno avrà tempo per investigazioni.
  9. Se si spedisce un manoscritto in forma cartacea, rilegarlo saldamente a pressione o ad anelli, evitando pagine volanti o accluse all’ultimo momento. Metterci possibilmente una copertina in plastica trasparente.
  10. Non sottoponete mai a un editore una vostra idea di copertina. Quello è il suo mestiere. Grafica e immagini esterne sono di esclusiva competenza sua e di chi se ne intende. Non invadete dunque il campo altrui.