Successo non è solo il participio passato del verbo succedere.

Perlomeno non nell’accezione comune, in cui è associato a denaro, popolarità, potere, riconoscimenti sociali, tutte cose che uno si procura mettendoci lacrime sudore e sangue, e se proprio ci tiene. L’insuccesso dunque non è solo «quello che non è successo», ma quello che uno non è riuscito a far accadere. In genere il successo è legato a un’idea forte e innovativa. Come disse Steve Jobs, fondatore della Apple Computers, è «vedere le potenzialità del futuro prima che diventino ovvie».

Di uno si dice che “ha successo” o che “è un fallimento”. Nel primo caso si utilizza la modalità dell’avere, nel secondo quella dell’essere. Ma supponiamo che si possa utilizzare l’espressione «essere un successo», e vediamo che cosa succede.

Imprenditori Next Generation di Robert B. Dilts (Roi edizioni, pp. 324, euro 34, trad. di Emanuela Mazza, Paolo Svegli, Paola Brumana Cenciarini) è un manuale di agevole lettura, tra l’altro ricco delle illustrazioni divertenti e spiritose di Antonio Meza, che non saprei se si possa definire di self help, ma che rientra comunque fra quegli strumenti che offrono la possibilità di rivedere le proprie strategie di vita e di azione secondo angolature inedite. Innanzitutto possiamo partire da qualcosa che, nell’insuccesso momentaneo, ci rassicura. Si sprecano gli esempi di uomini e donne su cui nessuno avrebbe puntato, e che invece hanno cambiato non solo la propria vita, ma quella di milioni di altri individui.

DIVE E SCIENZIATI

Gente come Albert Einstein, svogliato sui banchi di scuola, o come la conduttrice televisiva Oprah Winfrey, partita da qualche tugurio del Mississippi, senza neanche un padre, e diventata una delle donne di colore più potenti d’America (quindi del mondo). Lei che era stata violentata a nove anni, era diventata madre a quattordici ed era stata licenziata dal suo primo lavoro in tv perché ritenuta non adatta al mezzo. Lei, la prima donna nera al mondo a diventare miliardaria.

Anche J.K. Rowling, l’autrice di Harry Potter, oggi una delle donne più ricche e influenti al mondo, da giovane passava da un esaurimento nervoso all’altro, poiché nessuno credeva nel suo lavoro, neanche come segretaria. Il maestro di musica di Ludwig Van Beethoven pensava di avere a che fare con un inca- pace senza talento. Walt Disney fu considerato da un editore «privo di creatività e di buone idee». F. W. Woolworth, inventore dei grandi magazzini, da ventenne commesso di negozio era considerato un venditore incapace. Winston Churchill fu bocciato in prima media. A ben vedere, tutte le persone che sono riuscite nella vita hanno inizialmente sbattuto la faccia. Il che è correlato con il fatto di aver avuto idee rivoluzionarie che il resto del mondo attorno a loro neanche concepiva. Se avessero mollato il colpo, addio.

Dilts parte da queste defini- zioni di base e, lui che ha fatto carriera nell’aura magica dei caposcuola della Silicon Val- ley, ha osservato il fenomeno da vicino. E ha notato che tutti quelli che ce l’hanno fatta alla grande hanno un fattore carat- teriale in comune: imparano dai loro errori. Forte personalità e capacità di far tesoro delle esperienze però non bastano ancora. Ci vuole una visione complessiva. Dilts, che è anche uno sviluppatore della Programmazione Neuro Linguistica, controversa disciplina secondo cui un essere umano, per dirla terra terra, è in grado di organizzare i collegamenti fra i propri neuroni, la propria capacità di comunicazione e azioni per sé vantaggiose, ha elaborato alcuni termini come «Success Factor Modelling» (che furbescamente ha già brevettato).

GUADAGNANO TUTTI

Secondo lui, lo scopo sta nel produrre risultati cosiddetti «win-win«, vale a dire dove ci guadagnano tutti. Il che fa tornare alla mente alcuni principi della teoria utilitaristica di Bentham e di Stuart Mill. Il movimento virtuoso che ne deriva è definito «Cerchio del Successo».

Un altro fattore comune a tutti coloro che desiderano emergere è l’anticonformismo, dunque la capacità di ragionare al di fuori degli schemi comuni. E poi, la capacità di gestire gli alti e bassi tipici di gran parte delle persone crea- tive. Qualcosa accomuna per esempio Robin Williams, la Rowling e Elon Musk: tutti hanno attraversato la foresta oscura della depressione. Wil- liams ha ceduto.

Infine, la fortuna. Machiavellicamente, da sola non basta. Diceva Thomas Jefferson, il terzo presidente degli Stati Uniti: «Devo tutto il mio successo alla fortuna. Più lavoro e più divento fortunato».

Il seguente articolo è stato scritto in collaborazione con LiberoPensiero.
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